Acqua e vino

Quando mio babbo ha detto:
«Se non mi sposavo con te, io non mi sposavo più», la mia mamma l’ha guardato, e non ha detto niente, ma sotto sotto… Poi si è decisa a dire:
«Cosa vorresti dire?», e mio babbo, in tutta franchezza, le ha risposto:
«Avevo già 32 anni…».
E lei:
«Cosa avresti fatto?».
«Sarei andato all’estero, sarei andato», ha detto mio babbo.
Lei non le digerisce frasi così. La vedi, che si sente mancare; come se tutto il passato che ha nel cervello cominciasse a tremare. Negli occhi le si accende una vendetta, che poi sfuma subito, mentre sistema un tovagliolo o si alza per lavare un piatto, cambiare canale.
Invece mio babbo quel pensiero lo tiene lì, sulla punta della fronte, e mastica piano, occhi sul bordo del piatto, perché più in là c’è lei, le mani sulla tovaglia mai oltre il confine, vicino alle bottiglie, acqua e vino, e chissà sotto, come son messi coi piedi. Di solito mia mamma accavalla le gambe, il babbo invece le slarga, e poi fa ballare le ginocchia.
In tutto questo l’estero rimane lontano. Come anche il passato. Come i se.
Direi che l’estero, per fortuna, rimane all’estero.