Seguire

Mentre camminavo, ieri, o sabato, non mi ricordo adesso, mi ricordo che ho pensato: non è mica facile andare col cuore, nelle cose, e non perché non è facile da un punto di vista, come dire, logistico, ma perché, cioè, se uno segue la logistica sta meno male, sempre, invece se uno segue il cuore, si sta più male, a seguire il cuore. Si capisce?

Centouno primi appuntamenti

Son tornato dai colli Euganei, stanco, ieri sera, ho pensato: vado all’osteria che lì si sta in pace. Invece no. Due, sui trentacinque, trentotto anni. Dei discorsi. Lei: «Come lo intitoleresti il libro delle tue relazioni sentimentali?». Lui: «Disagio mentale». Lei: «Io centouno primi appuntamenti». Dopo, sono partiti a raccontarsi i loro trascorsi. Delle robe. Ed erano vestiti, questi due, come due che si voglion vestire bene, fini, a trentacinque, trentotto anni, ma non gli riesce, di essere fini. Io, a trentacinque, trentotto anni messo così, giuro, non ci voglio arrivare. Vergogna.

L’idea

Sono andato ai colli Euganei con l’idea di camminare per sentieri, non ho camminato, per sentieri. Ho camminato per le strade asfaltate e mi è piaciuto moltissimo.

Grazia

Ho visto una cosa, stasera, al teatro di Casalecchio, di una grazia, che mi son fatto piangere. E un momento dopo ho provato un rilassamento che mi sarei potuto addormentare. Però son rimasto sveglio, e ho deciso, lì, che questa grazia io adesso me la tengo dentro, che bisogna che la uso per andare avanti, e lascio indietro tutto quello che non viene.

Invece

Ieri sera ho preso il 13, erano le 23 e 30, tipo, e c’era un’aria calda, sull’autobus, ferma, e una luce, anche questa calda, che mi è sembrato di essere su una corriera di turisti, zitti e stanchi, che di sera ritornano da un’escursione estiva, da un posto di mare, tipo in Tunisia, o a Malta, giù di lì. Invece ero sul 13, in centro a Bologna, che mi portava a casa.

Stanchezza

Sono stanco. Molto. Perché ti dicono, fai altro, lo fai, non è abbastanza. Oppure, non ti lamentare, ti dicono, ma ti lamenti lo stesso, o non ti lamenti, non cambia. Piangi, non serve a niente, tranne che ti si svuota la voce, e il petto, è bello, quello. Lavora, ti dicono, che alcuni col lavoro superano tutto, io no, io non riesco. Sono stanco, ma molto. Chissà a cosa mi porterà, questa stanchezza.

Due cose

Due cose, mi vengono in mente. La prima, l’epigrafe che apre Il maestro e Margherita, “…e allora chi sei poi tu, alla fine? Io sono parte di quella forza che eternamente vuole il male e eternamente compie il bene” (Goethe, «Faust»), e la seconda, una frase di Robert Penn Warren: “Devi fare il bene dal male, perché si può fare solo da quello.”

Invece ve’

Mi ricordo che qualcuno, anni fa, mi aveva parlato della sua insonnia, e io lì avevo pensato: sicuro, a me non succederà mai, l’insonnia. Mi sembrava una roba così lontana. Invece ve’, non si dorme più.

Insomma.

Sono quattro giorni che non dormo. Stamattina, quando ho visto la luce sulla finestra, mi è venuto in mente quel passaggio di Post Office, di Bukowski: La mattina dopo era mattina e io ero ancora vivo. Forse scriverò un romanzo, pensai. E lo scrissi.
Insomma.

Mi dispiace

Una cosa che mi dà dispiacere, ho capito oggi, quando esco di casa e guardo il mondo, è questa patina di marketing, di design, che ha preso le cose, e che secondo me, in un modo che mi ricordo di aver letto in un saggio di Han, ha preso anche le teste di parecchi. Una patina di design che c’è il vuoto, sotto. Mi dispiace molto di questo.