Delfino

Sono sul treno, è caldo, è quella mezza stagione che non si capisce, sento la temperatura del mio corpo che va per i fatti suoi, hai presente? È la primavera; non me la ricordavo così, la primavera, ogni anno è peggio, sempre più dura da smussare, all’inizio, appena arriva. O che sono io, che ogni anno son più noioso? Bisogna stare attenti, con la primavera. Ti frega. Un po’ di sole, ti dà il contentino, e poi prendi la febbre, il mal di pancia, tutto. Me l’aveva detto la Benedetta, l’altra sera, l’aveva ridetto quattro volte, «Sta’ attento, copriti, ti freghi,» diceva, «marzo e aprile, fa rima, ti devi coprire», e io no, senza giacchetto, maglia aperta, vino, birra, comunque non fa rima, aprile con coprire. Ma lei aveva bevuto di più, sempre vino, senza neanche mangiare, era ubriaca per bene, due occhi chiari, piccoli, diceva: «Sta’ attento, copriti, prendi il mal di gola», e io non capivo se scherzava, boh. Io le ho detto che c’avevo ancora i calzini di lana, nei piedi, non ci credeva, ha voluto sentirli con le mani se erano di lana, e ci è rimasta male. Che poi, me ne sono accorto lì, mi si erano girati col tallone in su, quei calzini, mi succede spesso la notte, mi sveglio e li ritrovo così, e gliel’ho detto, lei ci ha pensato un po’… Il motivo non l’abbiamo trovato. E poi m’ha raccontato una cosa privata, strana, che le è successa, che ci ha pensato se dirmelo o no, «Te lo dico?» diceva, e poi me l’ha detto, m’ha raccontato che adesso ha un moroso, uno che fa l’educatore, e l’altra volta, ha detto, l’altra volta, per la prima volta nella sua vita, lei, con lui, ha avuto un orgasmo vaginale. Ha detto che ormai si era rassegnata, che aveva letto delle robe, su internet, che ci sono delle donne che l’orgasmo vaginale non lo possono avere, e invece, proprio l’altra volta, con lui, l’educatore, l’ha avuto. Si sono fermati, stop, ha detto, si sono guardati, lui le ha chiesto: «Hai scoreggiato?» e lei: «No, sei venuto?» e lui: «No».
È andata così. Da quella volta, dice, ha scelto un nome, per sé stessa, che si chiama Benedetta, un nome nuovo: Delfino. Perché il delfino spruzza, dice. E io ci pensavo, mentre lei parlava, chissà, metti che viene a letto con me, e se con me non succede? E dopo?
E comunque poi ha cambiato discorso, ha detto che lavora in un ristorante, che sta bene, ha trent’anni, ma il suo moroso, l’educatore, vuole lasciarlo, basta, perché lei è un Delfino, è libera, e invece lui fa il muso quando lei esce con le sue amiche, e lei non sopporta queste cose: se uno è fatto così a lei non le va bene, vuole uno diverso, non uno che s’impegna a fare il bravo, ma uno che è fatto bene di suo, compatibile, dice, e lei vuol essere libera, senza tanti restringimenti. Da piccola, dice, la sua nonna ha fatto sette figli e il suo nonno la tradiva, che suo nonno era un ricco, ha viaggiato, un commendatore, e la sua nonna è sempre stata zitta, anche se poi si è separata da lui, si è separata che a quei tempi non c’era ancora il divorzio, era forte la sua nonna, ma poi a Pasqua e Natale lo invitava lo stesso a mangiare, al nonno, perché i suoi figli dovevano vedere di chi erano i figli.
Poi ha cominciato a piovere, abbiamo parlato di politica, e un po’, lì, con la politica, lei è per la Bonino, io tutto il contrario… Però quando partiva a dire una cosa che le stava a cuore, coi suoi capelli corti, era bella, mi sembrava un ragazzino, uno che non si tiene. E andare a letto con una così, pensavo, io, che sono lento, lei così rapida in tutto, prima ha detto che il pisello del suo moroso, l’educatore, le piace un sacco, anche se lo vuol lasciare, che lei lavora al ristorante, fuma, vende l’erba, vede la gente, io sto sempre da solo, non è mica facile. E parlando, parlando, non si è accorta che pioveva, e si è bagnata tutta la chiappa, giacchetto e pantaloni, tutta, e ci siamo alzati, ormai il bar chiudeva, non c’era più nessuno, a un certo punto mi ha detto: «Ti darei un bacio», e io non ho detto niente. Era naturale, ho pensato, ma è brutto dirlo, «Ma perché l’hai detto?» le ho detto, e insomma, di qua e di là, dopo dieci, quindici, venti minuti ci siamo baciati, dentro il bar vuoto, che fuori era venuto freddo, lì sul bancone, c’aveva una lingua lunga e larga che non l’ho mai sentita una lingua così, e mi ha detto: «Fa’ piano», ma a me sembrava che stava facendo tutto lei. E m’ha accarezzato la guancia, io volevo toccare la sua chiappa bagnata, ma non l’ho toccata, è lo stesso, poi basta, siamo andati ognuno a casa sua.
Chissà l’educatore, dopo, a casa, l’orgasmo vaginale, se è riuscito di nuovo.
E io sono qui sul treno, col pizzico alla gola, mi sono vestito troppo colorato, la pancia che mi fa male, è stata la primavera, o è stata lei? E sembra estate di fuori, a Pesaro, il mare azzurro, senza nessuno, e la cosa strana è che in tutto questo mare, di sicuro, da Pesaro a Lecce e tornar su fino a Trieste, e anche dall’altra parte, dalla Liguria a Roma, giù fino a Trapani, qui da noi, nel nostro mare, non c’è neanche uno straccio di delfino.