I passatelli

È domenica, mi son svegliato presto, ho fatto colazione, mi son messo le scarpe pulite e sono andato su a piedi, in piazza, a comprare i passatelli. È stato il freddo, che l’altra sera ha piovuto, ha fatto il temporale, subito mi è venuta voglia di brodo. Caldo. Son andato su, era un freddo asburgico, poi sono arrivato nella bottega, c’era una donna prima di me, era lì che comprava anche lei i passatelli, e intanto parlava con Mirko, quello che i passatelli li fa, li fa lui, son buoni i suoi passatelli, li sa far bene, e la donna gli diceva, a Mirko, che a lei non le piace fare i giri con la Ferrari, la domenica, perché suo marito guida, lui si diverte, ma lei no. «È una roba passiva», ha detto la donna. Mirko le ha dato ragione, un po’ per mandarla via un po’ perché, povero marito con la Ferrari, avrà pensato, e invece lui lì, chiuso nella bottega di domenica, a fare i passatelli. Dopo è toccato a me, ho comprato i passatelli per tre, Mirko li ha messi su un vassoio di cartone, poi ha messo il vassoio dentro una busta di carta, poi ha messo la busta di carta dentro una busta di plastica, e ho pagato. Mirko ha preso i soldi e li ha stesi nella cassa, ha guardato quanti ne aveva rimasti, di passatelli, ce n’erano sei o sette di numero, era ormai mezzogiorno, allora ne ha preso uno, crudo, se l’è messo in bocca, veloce, come se scottasse, quel passatello, l’ha mandato giù e mi ha detto: «Bravo». Io sono uscito dalla porta e c’era una Ferrari, parcheggiata storta, rossa, spenta. Son tornato giù a piedi con una fame che, non mi ha visto nessuno, ho fatto tutto il sottopassaggio di corsa.