Perché mi offendete?

Quando e in quali circostanze egli sia entrato nel dipartimento e chi l’abbia assunto, nessuno l’ha mai potuto ricordare. I direttori e i capi-ufficio di ogni genere, quanti se ne sono avvicendati, l’hanno sempre visto allo stesso posto, nella stessa posizione, nello stesso ufficio: sempre funzionario di scrittura. Tanto che in seguito affermarono che egli era come se fosse nato bell’e pronto, con la sua divisa e la calvizie in fronte. Nel dipartimento non gli mostravano alcun rispetto. I custodi non solo non si alzavano quando egli passava, ma non lo guardavano neppure, come se per l’ingresso volasse una semplice mosca. I capi si comportavano con lui in un modo che era freddamente dispotico. Un certo aiuto capo-ufficio gli ficcava direttamente delle carte sotto il naso, senza neppure dirgli: «trascriva», oppure «ecco un lavoretto interessante, belluccio», o qualche altra cosa piacevole, come avviene negli uffici di gente beneducata. E lui prendeva il lavoro, dopo aver dato un’occhiata alle carte, senza neppure guardare chi gliele porgeva, e senza chiedersi se quello ne avesse il diritto. Le prendeva, e si metteva subito al lavoro. I giovani impiegati ridacchiavano e facevano dello spirito su di lui, il solito spirito da ufficio; in sua presenza si raccontavano delle storielle, composte su di lui, sulla sua padrona, una vecchia di settant’anni, dicevano che lo picchiava, gli chiedevano quando sarebbero avvenute le nozze, gli cospargevano la testa di carta, dicendo che era neve. A tutto questo Akakij Akakievič non rispondeva neppure una parola, come se davanti a lui non ci fosse nessuno, e neppure ci fosse stato; tutto ciò non aveva la minima influenza sul suo lavoro: pur in mezzo a tutti questi tormenti egli non faceva il minimo errore nello scrivere. Solamente, se lo scherzo era troppo insopportabile, quando gli urtavano il braccio, impedendogli di lavorare, diceva: «Lasciatemi in pace, perché mi offendete?».

da Il cappotto
di Nikolaj V. Gogol’