Contento

Stamattina mi son svegliato contento. Non mi succedeva non so da quanto. Che strano, ho pensato, ma possibile? Non riuscivo a capire se c’ero io o se c’era un altro, dentro di me.

Pendere in giù

Mi rimetto al computer e squilla il telefono, è Bassotuba. Ciao, meraviglia! mi dice, radiosa. Ascolta, Bassotuba, le dico, sai niente di una rivista che si chiama «Boom»? Sì… è una rivista di annunci di Modena. Ecco, non è che tu per caso hai mandato a questa rivista un annuncio a mio nome? Eh, ti lamentavi che eri senza soldi, ho fatto male? Bassotuba, le dico, non è che per caso hai mandato un mio curriculum anche alla ditta Cif di Modena? Eh… mi dispiaceva… Senti, Bassotuba, sai cosa significa dipendente? È uno che lavora per un altro, dice Bassotuba. No, le dico. È il participio presente del verbo dipendere. Ah, dice Bassotuba. Sai da dove viene dipendere? le chiedo. No, risponde. Dipendere deriva dal latino dependere. Uh, dice lei. E sai cosa significa dependere? Non lo so, sussurra. Dependere significa pendere in giù: vuoi vedermi pendere in giù dagli uffici della ditta Cif di Modena? No, bisbiglia. E allora come cazzo ti permetti di mandare in giro i miei curricula senza avvisarmi? le grido, lei mi sbatte il telefono in faccia, senza rispondere.

da Le cose non sono le cose
di Paolo Nori
(Fernandel, 1999)

Sono brutto

[…] ma quando Tolstoj scrive:
«Sono brutto, sono un uomo sporco e poco educato alla vita mondana. Sono irritabile, noioso per gli altri, immodesto, intollerante e vergognoso come un bambino. Sono quasi un completo ignorante. Quello che so, l’ho imparato da solo in modo frammentario, sconnesso, confuso, e comunque, è tanto poco. Non ho né una mente pratica, né una mente mondana, né una mente portata per gli affari… Sono così ambizioso… che spesso temo che fra la gloria e la virtù io potrei scegliere la prima…», è un uomo che ha sentito in sé il genio. Un uomo abbandonato da tutti, ma che segue una propria via poetica, di errori che si ripetono continuamente, ma che di nuovo ritrova la via, che sarà l’unica via e per questo è quasi introvabile.

da L’energia dell’errore
di Viktor Sklovskij
(Editori riuniti, 1984)

Dice

Haoran, quelle rare volte, quando lo vedo fuori in terrazzo, gli dico:
«Ciao Haoranino.»
E lui, subito, mi risponde, ma non dice «Ciao Luchino». Dice:
«Ciao Lucalino.»

Facciamo

Stanotte, non si è dormito.
Facciamo questo romanzino nuovo, mi diceva la mia testa. Facciamo facciamo, le dicevo io. Questo romanzino, facciamo, diceva lei. Lo facciamo, questo romanzino nuovo, dicevo io. Facciamo facciamo, diceva la mia testa. Sì che lo facciamo, un altro romanzino, dicevo io. Romanzino nuovo per noi, diceva la mia testa. Facciamo, subito, dicevo io. Facciamo questo romanzino ino ino, diceva lei.
Avanti così per quattro ore.

Piroetta

Un editore, due ore fa: «Il tuo romanzo breve è bellissimo, però è breve, non ce la sentiamo.» Ho fatto una piroetta, in cucina, poi ho lavato una pesca, l’ho mangiata.

Esordio

Čechov diceva più tardi che tutte le cose finiscono di solito col fatto che una persona o è morta, o è partita.
O si è sposata.
Tolstoj ha dimostrato che il matrimonio serve piuttosto da esordio dell’opera, da esordio di una costruzione, e non da fine.

da L’energia dell’errore
di Viktor Sklovskij
(Editori riuniti, 1984)