Fare sport

Mi sono licenziato dalla libreria. Licenziarsi da un lavoro è uno sport bellissimo, secondo me. Quasi saltellavo, ieri sera, come si saltella da bambini, in avanti, con le braccia che dondolano. È che mi hanno preso in un’altra libreria, e in questa nuova libreria lavorerò per meno ore. E poi non si trova in un centro commerciale, la nuova libreria. Adesso mi aspetta qualche giorno di vacanza. Voglio che nevichi.

Uova

Ho preso un panino al tonno, coi pomodori. In verità avevo chiesto quello col tonno e le uova, ma la barista ha fatto di testa sua. Ci ho provato, anche, a dirle: «Sicura che in questo ci siano le uova?». «Sì», ha detto lei. «Tonno e uova, è questo». Invece niente uova, nel mio panino.

Un regalo

Oggi, mentre salivo le scale, il mio amico cinesino è uscito sul pianerottolo e mi ha dato un regalo: un pacchetto di Ferrero Rocher, a forma di stella, con una corda, da appendere all’albero di Natale. Il Natale è passato da un pezzo, ma ricevere un regalo adesso, in un giorno normale, è più bello. Io per Natale gli avevo regalato un pacchetto di Kinder Cioccolato, che a detta sua gli son piaciuti molto.
Dopo, è venuto a casa mia e abbiamo disegnato un po’. Lui le stelle le sa fare solo con le linee che ci passano dentro, perciò voleva che gliene disegnassi una senza le linee. Ci ho provato ed è venuta bene. L’ha ritagliata e se l’è messa in tasca. Prima di andar via, mi ha detto che il pacchetto di Ferrero Rocher, quel pacchetto a forma di stella, lo devo aprire domani in sua presenza, perché vuole vedere cosa c’è dentro. Secondo me, lui è curioso di sapere se dentro la stella ci sono le linee oppure no.

Proprio male

Parlare con Violante mi riattiva la mente. Da quando lavoro, la mia mente si è come spenta. A sentire i discorsi di Violante, subito mi ritorna l’intelligenza che avevo prima. Gliel’ho voluta dire, a Violante, questa cosa. Lei mi ha detto: «Stai proprio male!». «Hai visto?», le ho detto io. «Poverino», ha detto lei. «Proprio male», le ho detto io.

In piazza

Fare il capodanno in piazza, per come sono fatto io, è più bello che fare il capodanno in qualunque altro posto. L’ho fatto solo due volte, il capodanno in piazza. La prima volta è stata quando ero piccolo. Non ricordo niente, a parte che ero in piazza, appunto, e c’era mia mamma con un bicchiere in mano, che mi sorrideva e urlava: «Luca, auguri!».
Mi ero chiesto: perché lo fa? Era come se non fossi suo figlio, lì, ma un conoscente, uno che doveva andar sulle proprie gambe e che, per questo, avessi un gran bisogno di auguri.
E poi la seconda volta, cioè l’altro ieri. In piazza c’è stato il conto alla rovescia. L’ha fatto Tiziano dal palco. Tiziano è un mio amico. Era pieno di gente e c’era la sua voce che contava: «Otto, sette, sei…». Son stato molto contento che fosse lui a contare per tutti. «Quattro, tre, due…». E poi le urla, i botti, e Tiziano che a sua volta urlava: «Buon duemiladiciannove!».
Mi sono emozionato. In piazza, da qualche parte, sapevo che c’era anche mia mamma, ma non ci siamo visti. Se ci penso mi emoziono anche adesso.

Gli Ufo

Violante mi ha raccontato che alcuni anni fa le è successa una cosa straordinaria: ha visto gli Ufo. «Erano sul tetto di casa mia», mi ha detto. «Una pallina di luce che roteava, poi si è scissa in due palline e poi in tre». «E tu cosa hai fatto?», le ho chiesto io. «Niente di particolare», mi ha detto Violante. «Però dopo quel giorno ho smesso di pensare “venitemi a prendere, venitemi a prendere”, tutto il tempo». «Adesso ci provo io, a pensarlo», le ho detto. «Se vuoi…», mi ha detto lei. «Ma sta’ attento, ti portano via».

Mio babbo

Mio babbo che mi ha svergognato,
che ha perso tutte le battaglie,
mio babbo che era bugiardo,
mio babbo che bestemmiava i santi
e poi si metteva in ginocchio
davanti le madonnine,
mio babbo che era bello
e si guardava nello specchio,
mio babbo che era povero,
che era ambizioso, che cantava,
mio babbo che non mi ha insegnato nulla,
mio babbo che tutti lo fregavano,
mio babbo che non sapeva il latino
e poco anche l’italiano,
che dall’America è tornato
con un penny e tre parole d’inglese,
mio babbo che voleva «commendatore»
scritto sopra la busta,
mio babbo fra i babbi il più sgangherato
ha scritto dentro di me
tutte le mie poesie.

da Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo
di Nino Pedretti
(Einaudi, 2007)

Bel giubbotto

Mentre tornavo dalla piazza, uno che non so chi sia mi ha urlato: «Auguri amico!». «Auguri», gli ho detto io. «Tante belle cose!», ha detto lui. «Anche a te», ho detto io. «Bel giubbotto!», mi ha detto lui. «Anche il tuo», gli ho detto io. «No, il mio fa schifo!», ha detto lui. «Non è vero», ho detto io. Poi basta.